Il senso della vita – Ovvero la vita dei sensi e dell’anima – Ivan Alto

Era d’inverno, faceva freddo, ma non tanto, perché al sud
del paese gli inverni non erano mai tanto rigidi come al
nord, in una grande villa del paese il miracolo della vita
stava per compiersi, sì perché all’epoca degli anni 60 si
partoriva ancora in casa con l’aiuto delle famose
ostetriche a domicilio chiamate “mammane” che
assistevano al parto le gestanti.
Verso le tre di notte all’incirca vede la luce staccandosi
dal grembo materno che lo aveva custodito gelosamente
per nove mesi, il nostro protagonista IVAN, nome di
battesimo scelto per lui dai suoi genitori in contrasto con
la tradizione locale che voleva al primogenito dare il
nome dei nonni, che peraltro pare non ci tenessero più di
tanto, perlomeno in apparenza.
La famiglia materna era molto numerosa e la madre di
Ivan era la prima di otto figli cresciuti nel dopoguerra dal
nonno materno e dalla nonna con molti sacrifici, la villa
in cui era nato apparteneva appunto ai nonni materni che
gestivano la famiglia in modo patriarcale senza far
mancare a nessuno il proprio sostegno ed appoggio.
Era il primo di una stirpe di nipoti e pronipoti e fu da
subito il vanto della famiglia tutta ed il pupillo del nonno
materno, in quanto primo nipote e per giunta maschio,
(lui aveva sei figlie femmine), e ciò segnò i primi passi in
questo mondo di Ivan, amato e coccolato nella famiglia
che lo aveva visto nascere.
La famiglia paterna di Ivan era invece rappresentata da
una nonna di nazionalità diversa mai conosciuta dal
ragazzo perché morta dopo pochi anni dalla sua nascita e
dal nonno ex “balilla” e nostalgico del passato, che era
stato scacciato da una guerra mondiale. Una figura
che condizionò in negativo i primi anni di vita del
giovane.