Sei eroi – Marco Vedrietti

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Tra le volute di fumo di una pipa elfica, si nasconde la memoria di un mondo vasto e straordinario, popolato da guerrieri fieri, cercatori avventurosi, maghi erranti e inventori misteriosi. Un mezz’elfo mago, ultimo testimone di un’epoca ormai svanita, racconta le gesta di Martin Bilele, un audace cercatore di Dagapino, e di Meraia Entelechia, una giovane guerriera di Tadesfe.
Dai regni in espansione di Re Desfatot alle città sospese dei trasformatori di Zoima, dalle terre selvagge della Panfola alle accademie di magia di Dagapino, il narratore intreccia storie di esplorazioni, battaglie e invenzioni prodigiose. Con la saggezza dell’età e il potere della magia, riporta in vita avventure dimenticate, restituendo verità e leggenda a chi ancora vuole ascoltare.

Peso 0.3 kg
Estratto

Vedete la pipa che sto usando? È una pipa elfa, fatta di legno di quercia, decorata finemente con
episodi della storia del popolo di mio padre, mostra le origini che nessuno ricorda, ma molti hanno
immaginato, il viaggio, la schiavitù, la fuga, la rivincita, la vittoria, la pace… Tira malissimo, si
spegne spesso, ma non mi sono mai rassegnato a vederla dietro a una vetrina o su una mensola a
prendere polvere, e continuo a usarla perché mi richiama tante cose.
C’è stato un tempo in cui gli animali si muovevano liberi su sterminate pianure e colline e
montagne. Sono tempi così lontani che le loro storie si sono smarrite, restano solo i libri e i vecchi.
Io stesso, che provengo da quel mondo, a volte mi chiedo se non me lo sono sognato. Sono un
vecchio, non un libro. Allora non c’era la pace e gli esseri umani e le altre razze che, come loro,
parlavano, mangiavano, pensavano, amavano, nascevano e morivano, a volte cercavano di
migliorare le proprie condizioni di vita a danno degli altri.
Il mondo era più grande di quello di oggi: muoversi per raggiungerne i luoghi abitati era difficile.
Veloci erano i cavalli, le aquile e alcuni felini che vivevano nelle pianure della Panfola. Ma le
lucertole di Capper, erano le più rapide e avevano certi denti che laceravano che è un piacere.
Nessuno si sarebbe mai sognato di contraddire una lucertola del Capper anche se, credetemi,
c’erano altre creature più pericolose.
Per anni gli scienziati dell’onnistudio di Dagapino si erano cimentati con un’imponente opera di
catalogazione e mandavano in giro per le terre seri studiosi muniti di fogli di carta e matite colorate,
i cercatori, a raccogliere notizie sulle specie ignote.
Per la verità avrebbero potuto usare strumenti migliori di carta e penna per fissare le immagini, ma
quelli li avevano inventati i trasformatori di Zoima, utilizzando forse certi cristalli di roccia, e vetro,
e la resina degli alberi, e non era gente generosa con le proprie scoperte. E poi i fondi
dell’onnistudio di Dagapino, quando si riusciva ad averli, servivano più spesso a riparare le crepe
nei soffitti delle aule.
I maghi erano pochi, stavano a Dagapino e studiavano le antiche magie e addestravano giovani
perché divenissero maghi, anche loro mandavano agenti in giro per il mondo, a vedere, studiare,
raccogliere notizie su quel mondo nebbioso e mobile che era la magia, li chiamavano erranti ed
erano pochi anche loro. Uno di loro poi…ma devo raccontarvi tutto con ordine, quindi ve ne parlerò
dopo.
Ma le invenzioni…le invenzioni…c’erano certe meraviglie…Tutti le desideravano e pochi riuscivano
a metterci sopra le mani. I trasformatori le vendevano a caro prezzo e neppure tutte, solo quelle che
il loro capriccioso Tuttarca metteva sul mercato, nessuno ha mai capito in base a quali criteri. Le
supposizioni si sprecavano ma di fatti oggettivi, sui trasformatori di Zoima, ne sapevamo ben pochi.
Vivevano in una città nata in cima ad un alto monte, in mezzo ad altri monti, e tanto per capire di
che pasta erano fatti, quando avevano iniziato ad aumentare di numero non si erano certo messi a
costruire case sulle pendici dei loro monti, giù verso la valle.
No, proprio per nulla. Al contrario avevano eretto degli archi rampanti e collegato la città vecchia
con le cime dei monti attorno e sopra; su questi lembi aerei ci avevano fabbricato le case e le strade.
Immaginatevi: aprire la finestra della cucina e sbattere le briciole della tovaglia giù da uno
strapiombo di chilometri…e se c’era dentro un tovagliolo bisognava procurarsene un altro.
Non avevano un gran bisogno di difendersi: la loro poca terra non interessava a nessuno con un
minimo di buon senso; vivevano comperando alimenti con i soldi che guadagnavano vendendo in
giro le loro diavolerie. So per certo che con un lotto di torce eterne, e nessuno è mai riuscito a capire
come funzionavano, ci campavano un anno. I libri che scrivevano poi… appassionanti, pieni di
avventure e diavoli. Costavano un occhio ma io avrei fatto carte false per averne almeno uno.
Non amavano che si andasse a curiosare nella loro città, né tantomeno sopra. O ti invitavano o stavi
fuori dai piedi. Se qualcuno, cavalcando uno dei lucertoloni volanti di Capper o delle aquile di
Belin, si azzardava a tentare di sorvolare le loro case, dalle torri partivano delle macchine volanti
che sembravano enormi pipistrelli. Sparavano frecce e certi proiettili infuocati che penetravano le
corazze dei lucertoloni e mandavano a fuoco le piume delle aquile. Un puzzo di cheratina bruciata
che non ne avete idea.
Erano sempre i guerrieri di Tadesfe, che allevavano le aquile e i lucertoloni, a cercare di curiosare
nei dintorni di Zoima, per vedere se era il caso di andare a rubare o a conquistare qualcosa. Nessuno
di loro, che io sappia, è mai riuscito a vedere poco di più delle macchine volanti e di qualche
scorcio di quell’incredibile posto. Io poi ci sono arrivato per puro caso. Ve lo racconterò.
Però i guerrieri se la cavavano bene: i loro domini erano vasti e re Desfatot non era uno capace solo
di menare la spada. Era proprio bravo, come i suoi avi. Anche i suoi figli erano tutti ragazzi in
gamba; la figlia minore poi era talmente carina che la prima volta che me la ritrovai di fronte non
riuscii a parlare per una buona mezz’ora. Voi non mi conoscete ma vi garantisco che non mi capita
mai.
Re Desfatot si era scelto una regina amata dal popolo e dei ministri che sapevano il fatto proprio.
Sotto di lui il suo regno si era ingrandito: i contadini, gli allevatori e gli artigiani si rimettevano
volentieri alla sua protezione e lavoravano al sicuro, grazie alle spade dei guerrieri. Fantastici quei
guerrieri: gente eroica, fiera e coraggiosa, che si manteneva in continuo allenamento, combattendo
con i troll a nord e gli elfi a sud e nei tornei con i guerrieri dei regni vicini al loro.
Ne ho incontrati, di cercatori e di guerrieri: gente fiera, impavida, allegra. Alcuni di loro sono
diventati miei amici, anche se, quando ci siamo conosciuti, non l’avrei mai detto che poi, una volta
portata a casa la pelle, saremmo finiti a considerarci come fratelli.
Ecco, questo era il mio mondo ed era il mondo nel quale vivevano Martin Bilele, un cercatore di
Dagapino, e Meraia Entelechia, una giovane guerriera di Tadesfe. Io sono l’ultimo di un gruppo di
amici di tante razze diverse, non sono il migliore fra loro, sono solo stato il più longevo, grazie al
sangue elfo Gli elfi vivono più di tutti, i mezzi elfi come me più di ogni uomo, e tenete conto del
fatto che sono un mago.
Ho tempo, le mie giornate sono lunghe, vi racconterò la loro storia, molto meglio di come la trovate
nei libri, perché io ci sono stato, ho vissuto quei giorni, e li voglio raccontare finché ancora riesco,
unendo quello che ho vissuto e quello che mi hanno raccontato.
Ne ho incontrati, di cercatori e di guerrieri: gente fiera, impavida, allegra. Alcuni di loro sono
diventati miei amici, anche se, quando ci siamo conosciuti, non l’avrei mai detto che poi, una volta
portata a casa la pelle, saremmo finiti a considerarci come fratelli.
Ecco, questo era il mio mondo ed era il mondo nel quale vivevano Martin Bilele, un cercatore di
Dagapino, e Meraia Entelechia, una giovane guerriera di Tadesfe. Io sono l’ultimo di un gruppo di
amici di tante razze diverse, non sono il migliore fra loro, sono solo stato il più longevo, grazie al
sangue elfo Gli elfi vivono più di tutti, i mezzi elfi come me più di ogni uomo, e tenete conto del
fatto che sono un mago.
Ho tempo, le mie giornate sono lunghe, vi racconterò la loro storia, molto meglio di come la trovate
nei libri, perché io ci sono stato, ho vissuto quei giorni, e li voglio raccontare finché ancora riesco,
unendo quello che ho vissuto e quello che mi hanno raccontato.

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