Ricordi d’Africa laggiù – Carmelo Vinciullo

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L’Africa non è solamente un continente: l’Africa è un Mondo…” Con queste parole l’autore dell’opera inizia la conclusione, fornendo al lettore anche una chiave di lettura di questo libro-documento. Pagina dopo pagina, in realtà, chi legge si rende perfettamente conto che quanto descritto è quasi un mondo a parte, parallelo al nostro Occidente. Ѐ la realtà dove ancora esistono lo Spazio e il Tempo nella loro reale dimensione, senza che il ritmo frenetico, il caos e il cemento delle metropoli intacchino gli spazi sconfinati o comprimano le ore fino a farle sparire sotto una miriade di impegni di ogni sorta. In Africa il tempo scorre diversamente ed è anche per questo, forse, che chi vi trascorre un certo periodo di tempo, poi fatica a distaccarsene: è il famoso “Mal d’Africa”, quella strana nostalgia che attanaglia il cuore di chi vi ha vissuto e se n’è dovuto andare; quello struggente desiderio di ritornarvi il più presto possibile. L’autore di quest’opera sperimenta proprio questo e lo descrive in maniera molto lucida e diretta. Recatosi da giovane in Algeria per lavoro, lì incontra quella che diventerà poi sua moglie. Tornato in Italia continua in qualche modo a sentire il richiamo di quella terra, ci torna in vacanza nonostante vari impedimenti, sembra quasi che non possa starne lontano, sebbene più volte questo desiderio appaia giustificato da motivi di lavoro. Chi scrive sa di dover mantenere una famiglia ed è per amore e senso del dovere che si avventura, anni dopo l’esperienza in Algeria, in Guinea, col concreto rischio di contrarre la terribile febbre gialla. Dalle belle descrizioni di quella terra, dai ritratti della gente conosciuta, traspare anche un indiscusso legame con quei luoghi, un legame forte, capace di scuotere un’intera esistenza nelle sue fondamenta. Il confronto tra un italiano e chi abita nell’Africa della savana e dei villaggi non può che generare una miriade di considerazioni. Quest’opera riporta moltissimi episodi significativi, che rivelano al lettore l’affascinante volto di questa terra quasi sconosciuta, capace di entrare nel cuore di chi era solo di passaggio. La malattia descritta in apertura non impedisce all’autore/protagonista di rimettere piede nelle calde terre africane. Nonostante i molteplici timori non c’è ombra di pentimento per le scelte fatte tutto è stato vissuto pienamente, col corpo e con lo spirito e la testimonianza di quelle indelebili sensazioni si trova tutta racchiusa in queste pagine.

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Estratto

I
Presente
Dimissioni da ospedale 2001
2001 Rientrato a casa dopo le dimissioni trascorro i
primi giorni di convalescenza in stato di semi coscienza
e, ripercorrendo l’iter che mi ha portato all’intervento
irreversibile e necessario, mi rendo subito conto che
questa volta per me sarebbe iniziata una sembianza di
vita della quale percepivo con amarezza tutte le
difficoltà.
L’estate era iniziata ed io come tutti gli anni mi
preparavo a programmare il viaggio in Sicilia, per
passare lì qualche settimana con mia moglie.
I figli ormai grandi seguivano mete diverse per le loro
vacanze, come ritenevo fosse giusto e normale.
Tutti gli anni era mia abitudine affrontare il viaggio
per le vacanze in macchina, ma quell’anno, per la prima
volta, anche perché convalescente, e provato da due
interventi seri e delicati che mi avevano minato nello
spirito e nel corpo, pensai fosse meglio prendere
l’aereo. Riuscii a trovare due posti su un volo diretto
in Sicilia per la settimana successiva, cosa alquanto
difficile dato che eravamo prossimi al ferragosto,
periodo di ferie per tutti gli italiani.
La convalescenza sembrava procedere nel migliore dei
modi, almeno apparentemente, specialmente nei momenti in
cui riuscivo a non pensare alla mia futura esistenza.
Mancavano solo due giorni alla partenza e le valigie
erano già pronte quando un mattino, nello svegliarmi, mi
accorsi che la gamba destra si era gonfiata fino a
raggiungere dimensioni preoccupanti e mi causava, allo
stesso tempo, dolore e problemi anche nei movimenti.
Quest’altro problema minava, per l’ennesima volta, la mia
resistenza psichica più che fisica, nonostante sia sempre
stato e continuassi ad essere forte e positivo.
Con urgenza mi recai al pronto soccorso dell’ospedale
presso il quale ero stato operato.
Subito mi ricoverarono per tenermi sotto osservazione,
fui visitato anche dal chirurgo vascolare che mi aveva
ricostruito la vena Iliaca con innesto della safena.
Solo in quel momento incominciai a capire che l’ultima
operazione che avevo subito era stata complicata dato
che, nell’asportare un linfonodo, mi si era rotta la vena
Iliaca e per ripararla c’era stata qualche complicazione
dovuta al ritardo del chirurgo vascolare nell’operare.
Comunque, nelle ventiquattro ore successive, l’assoluto
riposo e le cure dei medici fecero diminuire il gonfiore
quasi del tutto e infine, dopo un’ulteriore visita di
controllo da parte del chirurgo, mi dissero che si era
trattato di un’insufficienza venosa e che da quel momento
avrei dovuto portare sempre una calza elastica.
I troppi “per sempre” uditi negli ultimi mesi, mi misero
in uno stato di ulteriore sconforto: sentivo la necessità
di allontanarmi dagli ambienti ospedalieri e di
dimenticare, almeno per qualche tempo, tutto quanto mi
stava accadendo.
Avvertivo il bisogno di muovermi e quindi chiesi se
potevo affrontare il viaggio e un periodo di “vacanze”
che avevo programmato, i medici confermarono a condizione
che mi attenessi alle loro prescrizioni. Fui dimesso poi,
nelle ventiquattro ore successive.

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