Pucundria: un viaggio negli anni 80 – Fulvio Cesario

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Ci sono parole che riescono a catturare sentimenti tanto complessi quanto universali, eppure intrisi di un’identità unica. Pucundria è una di queste. Napoletana nelle sue radici, questa parola non ha una traduzione precisa, ma evoca una malinconia dolce-amara, un senso di vuoto misto al desiderio di qualcosa che ci manca. È il ricordo di un’epoca che sentiamo lontana, ma ancora così viva nel cuore. Gli anni ’80, con la loro magia e il loro carico di emozioni, sono il perfetto terreno fertile per questa “pucundria” collettiva.

 

Ma perché scegliere “pucundria” come chiave narrativa? Perché gli anni ’80, più di ogni altro decennio, sembrano fatti per essere ricordati con un sorriso e un pizzico di rimpianto. È l’epoca dei primi passi nella tecnologia, di giochi semplici ma pieni di magia, di canzoni che ancora oggi cantiamo a squarciagola. È il decennio delle cose perdute, ma mai dimenticate.

 

Questo libro non è solo un viaggio negli anni ’80: è un inno a quei momenti che ci hanno formato, a quelle piccole cose che allora sembravano normali e oggi brillano nella nostra memoria. Il rumore di un modem, le attese fuori dal telefono pubblico, le figurine scambiate nel cortile… ognuno di questi frammenti porta con sé una storia, una sensazione, un mondo.

 

E la “pucundria” degli anni ’80 non è solo un sentimento personale. È qualcosa che ci unisce. Parlando di una cassetta riavvolta con una matita o di un gioco al luna park, ognuno di noi ritrova un pezzo della propria storia, un legame con un passato che è diventato patrimonio emotivo condiviso.

La struttura di questo libro segue proprio questa scia: esploreremo insieme la tecnologia, la vita sociale, la scuola, la moda, i giochi, la musica, i sapori e gli oggetti di quegli anni, fino a riscoprire quei momenti e quelle sensazioni che ci rendono un po’ più umani, un po’ più nostalgici.

Non aspettatevi però un elenco sterile di cose passate. Ogni pagina è un invito a riflettere, a sorridere e, perché no, a commuovervi. Perché la “pucundria” non è tristezza fine a sé stessa: è la bellezza di sentire che qualcosa ci ha toccato così profondamente da non volerlo mai dimenticare.

 

Benvenuti negli anni ’80. Benvenuti nella vostra “pucundria”.

Peso 0.3 kg
Estratto

Tecnologia e Comunicazione
Gli anni ’80 sono stati un ponte tra passato e futuro, un decennio in cui la tecnologia iniziava a entrare
timidamente nelle case, trasformando le abitudini senza mai sovrapporsi al vissuto umano. Era
un’epoca in cui il progresso era palpabile, ma non così invasivo da spegnere la meraviglia. Ogni nuovo
strumento, ogni innovazione, veniva accolto con un misto di curiosità e stupore, quasi fosse un piccolo
miracolo quotidiano.
Il telefono fisso, con il suo disco rotante e il suono caratteristico, era al centro delle comunicazioni:
simbolo di attese, chiamate brevi ma intense, e appuntamenti confermati con poche parole. E poi
c’erano le cabine telefoniche, rifugio di chi doveva comunicare al volo, magari infilando una moneta
con la speranza che durasse abbastanza per dire tutto.
La tecnologia dell’epoca non era “portatile”, ma aveva un peso e una forma che ne aumentavano il
fascino. I primi computer casalinghi, come il Commodore 64, trasformavano il salotto in un laboratorio
futuristico, mentre le audiocassette e i registratori aprivano un mondo di suoni personalizzabili, tra
compilation d’amore e messaggi vocali registrati con timidezza. Persino la televisione, con il suo
schermo bombato e i primi telecomandi, sembrava un portale magico verso altre realtà.
La comunicazione, invece, non correva veloce: aveva un ritmo tutto suo, cadenzato dalla scrittura di
lettere e bigliettini, dalla condivisione di emozioni su un foglio di carta. Non c’erano e-mail né
messaggi istantanei, ma c’erano le parole scritte a mano, cariche di intenzioni, e quelle dette a voce,
indimenticabili perché irripetibili.
La tecnologia e la comunicazione degli anni ’80 non erano solo strumenti, ma veri e propri mezzi di
connessione emotiva. Non ci facevano distrarre dalla vita, ma ne diventavano una parte integrante,
arricchendo i momenti vissuti con le persone. E proprio in questa semplicità risiedeva il loro
straordinario potere: rendere la quotidianità un po’ più magica, senza mai rubarle l’anima.
Il Rumore del Modem che si Connette
C’è un suono che, se lo ascolti oggi, ti riporta immediatamente indietro nel tempo: quello del modem
dial-up. Un gracchiare metallico, un sibilo elettrico, e poi quel piccolo squillo che segnava la
connessione. Quel suono non era solo rumore; era una promessa, la porta d’accesso a un mondo
nuovo e sconosciuto.
Era un rituale. Ti sedevi davanti al computer, aspettavi che si accendesse con il suo ronzio familiare, e
poi il modem iniziava la sua opera. Ogni connessione era un’avventura: una sequenza di suoni che
sembravano provenire da un altro pianeta, quasi ipnotici nella loro caotica armonia. Ogni errore era un
tuƯo al cuore, ma ogni connessione riuscita era una piccola vittoria.
La linea telefonica diventava il nemico di casa. Se qualcuno avesse sollevato la cornetta, il modem
avrebbe emesso un grido di protesta e tutto si interrompeva. “Stai su internet? Devo fare una
telefonata!” era il mantra di molte famiglie. E quando finalmente il modem riusciva nel suo intento, il
mondo si apriva, anche se a 56k, un byte alla volta.
Oggi quel suono è scomparso, ma non la sua memoria. Forse, in quella lentezza, c’era qualcosa che
abbiamo perso: il valore del tempo e l’emozione dell’attesa.

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