L’antenato – Francesco Chita

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Franz Schiavone è un anziano signore di origini italiane, già cittadino tedesco. Pensionato e divorziato con due figli, vive a Norimberga, Germania.
Per un lascito testamentario di un locale nei Sassi di Matera, intraprende un viaggio nella terra natia, dopo oltre 50 anni.
Arrivato in Germania a 19 anni, come renitente di Leva Militare, non è più potuto rientrare prima di dieci anni, pena la detenzione nel carcere militare di Gaeta.
Giunto a Matera riconosce con difficoltà i luoghi, ormai radicalmente trasformati. Davanti ai suoi occhi appare una città ultramoderna, che mai si sarebbe aspettato di trovare.
Nei locali dei Sassi ereditati, trova alcuni cartoni impolverati pieni di libri, tra cui molti di politica, di Arte e di Architettura. Tra questi ne trova uno che parla di un antenato brigante, vissuto nel ‘800, accusato di essere autore di numerosi omicidi.
Da qui sprofonda in una vertigine che lo porta ad indagare la storia di questo antenato, quasi chiamato dallo stesso per rendergli giustizia.
Preso da un demone, decide di fermarsi e di sistemare il lamione ereditato in via Casalnuovo, come risucchiato nell’imbuto del passato.
Si ritroverà ben presto oltre le origini, attraverso i ricordi di tutti i suoi antenati: genitori, nonni, zii, cugini ecc. ecc.
Le indagini si susseguiranno incalzanti negli archivi e nei luoghi vissuti dagli antenati, tra Matera e le campagne circostanti che però portano scarsi risultati, non sempre probanti.
Dopo varie peripezie Franz riesce a trasferire nel Cimitero di Matera una cassetta con i resti di Eustachio Paolo Schiavone, almeno così crede, già conservati presso il Museo Criminologico di Torino.
Ritrovata la sua identità decide di fermarsi definitivamente a Matera dove trascorrerà il resto della sua vita con Bruna, il nuovo amore.
Insieme scriveranno il libro della loro terza vita.

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Estratto

Incipit
In una delle mie passeggiate mattutine mi sono fermato in una stazione di servizio su via Montescaglioso, ex Lascaro.
Dopo aver bevuto un ottimo caffè mi attardo ad ascoltare la radio nella mia cabrio, col finestrino aperto.
Passa di fianco un signore maturo, più o meno mio coetaneo e attacca bottone: – Buongiorno – Buogiorno – rispondo -. Sei di queste parti? – mi fa… – Essì – rispondo. Siccome ha una faccia simpatica mi lascio trascinare nella chiacchiera.
Mi racconta tutta la sua vita.
Da ragazzo a Milano come muratore; ma i soldi non bastano per pagare le serate con le donne e comincia a trafficare “on border line”.
Lo beccano e lo portano per qualche anno in Collegio. Quando torna a Matera è ancora giovane, ma deve ricominciare tutto da capo.
Apre un punto di raccolta del ferro dismesso, cosiddetto Ferrivecchi, riuscendo a costruirsi la casa e a sistemare la sua famiglia.
Quando finisce tocca a me.
Nonostante la mia propensione alla chiacchiera devo confessare che non so da dove cominciare… Non voglio umiliarlo con la mia vita che è andata meglio della sua, ma lui insiste; forse attraverso il confronto vuole capire i suoi sbagli.
Intuisco che la molla della sua curiosità non è l’invidia e così mi apro. Alla fine del mio racconto mi dice: sei stato bravo, sei riuscito realizzare il tuo progetto!
Lo prendo per un complimento, ma il senso è molto più profondo.
Il fatto è che non ho mai condotto la mia vita seguendo un progetto. Da ragazzo ero piuttosto insicuro, non ero un decisionista.
Diffidavo di quelli che avevano la “verità in tasca”. Durante le risse se c’era da ballare, ballavo ma non era divertente. Preferivo la mediazione agli scontri.
Avevo sempre paura di sbagliare… Conseguenza della rigida educazione paterna?
Di una cosa ero certo: non sopportavo che qualcuno potesse limitare la mia libertà. Senza saperlo ero anarchico, come Miller, come la maggioranza degli italiani!
Per questo decisi di essere renitente alla Leva Militare, convinto di scegliere la libertà… Ma avevo solo cambiato prigione: da 15 mesi a Gaeta a 50 anni a Norimberga. Che fallimento!
Per il mio amico che chiamerò Michele, è stata un successo invece: Porche, soldi, figli sistemati, proprietà… Nel confronto tra i nostri 70 anni paralleli lui ci perde, e parecchio.
2
Il vero problema sono io: perché considero fallimentare la mia vita?
Michele mi vede come un’alternativa alla sua: come se fosse al mio posto, con il suo progetto realizzato!
Non voglio deluderlo, ci siamo salutati e abbracciati come due fratelli ritrovati. Forse gli avrei dovuto dire la verità… Che era stata solo una botta di culo?
Avrei distrutto anche il suo ultimo sogno…
Ripenso all’anarchia di Miller, al caos della vita, alla casualità degli eventi, del vivere alla giornata, del non programmare il futuro, di non credere nel denaro, nei programmi e nei progetti.
No! Non lo potevo dire a Michele che la mia vita è stata la vita di un anarchico fortunato, molto fortunato, che nonostante tutte le puttanate ed i guai che ha combinato è riuscito ad evitare il Collegio ed arrivare integro alla sua terza vita con le persone giuste a fianco, penso a Bruna. Solo culo, tanto culo!
Cormac Mc Carthy nel suo “No country for old men” costruisce un personaggio emblematico di questa concezione disperata ma tanto attuale della vita: un killer spietato ed amorale che uccide giocando con una moneta.
Testa o croce. Per uccidere non c’è una logica, interesse, o principi morali, solo il caso.
La vita come la morte non ha alcun valore. Puoi continuare a vivere solo se hai il culo di scegliere la faccia giusta della moneta!

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