La conosco bene – Franca Gaita

L'ho conosciuta al bar della libreria Feltrinelli. Pareva più o meno della mia età. Eravamo sedute a due tavolini vicini. Pioveva. Uno scambio di sguardi, un mezzo sorriso, la solita battutina: ''purtroppo è arrivato l'autunno!" Abbiamo cominciato a parlare.
Una donna anonima, se non fosse stato per i suoi occhi mediterranei, scurissimi, espressivi. Raccontavano tristezza, insicurezza, bisogno di conferme, un po’ di paura. Chissà di cosa. Ma anche la determinazione di sconfiggerla. Una parola tira l'altra ed io mi sono spostata al suo tavolino.
Nel frigorifero del banco c'era una Sacher con arancia. Dopo averla entrambe guardata, mi sono alzata e ne ho prese due porzioni.
Lei si chiamava Elisabetta, incredibilmente nata lo stesso giorno, lo stesso mese, lo stesso anno in cui sono nata io. Proprietaria di un albergo, come io sono proprietaria di un B&B. Le ho raccontato qualcosa della mia vita, ma poco. Sono un po’ diffidente, le facevo parecchie domande, perché sono sempre molto interessata a confrontare la vita degli altri con la mia, che non è stata certo facile…
Dava l'impressione che facesse di tutto per rimanere simpatica. Non doveva piacersi molto fisicamente, lo vedevo da come si muoveva. Non teneva conto di quegli occhi, che sembravano una televisione sulla quale scorrevano mille immagini. Io che per natura sono molto curiosa e un po’ indagatrice decisi che l'avrei rivista e avrei scoperto cosa nascondevano quegli occhi. C'eravamo rimaste simpatiche, ci scambiammo i numeri di telefono per incontrarci la settimana dopo, al giardino di Boboli.