Hope-Speranza – Chiara Privitera

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La campagna finisce il 15 Dicembre 2024
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Jenna è una diciottenne che vive a Santa Monica, California. Ha una pelle bianca come il latte quasi diafana, capelli biondi e degli occhi blu cobalto.

È una ragazza timida, introversa, al liceo ha stretto amicizia con una ragazza di nome Clara dai folti ricci castani e gli occhi color nocciola. Clara è dolce, spontanea e sta al passo coi tempi, cosa che non riesce a fare Jenna molto più stretta al suo mondo e alle sue passioni: la lettura.

Le sue giornate vengono riempite da Clara che spesso la invita a passare i pomeriggi da lei o immersa nei libri chiusa nella sua stanza. I rapporti con gli altri non sono mai stati facili. I suoi coetanei le stanno alla larga, all’inizio ne soffriva si chiedeva cosa ci fosse che non andava in lei ma via via con gli anni si è abituata a quella sua esistenza più fatta di libri che di rapporti interpersonali.

A casa, i rapporti con i suoi genitori non sono molto meglio. Sono sempre fuori per lavoro, non si curano di chiederle se va tutto bene, se è felice o no, che voti prende a scuola, delle sue amicizie, se ha disagi, se ne ha di amici, se soffre di qualche disturbo. I suoi genitori non esistono nella sua vita e purtroppo per lei ne soffre parecchio, se per i suoi coetanei non ci fa ormai più caso, per i suoi genitori la questione è molto più delicata. Spesso e volentieri si chiude in bagno a rimuginare su cosa abbia potuto sbagliare, se ha fatto qualcosa di male, si domanda il perché i suoi genitori sembrino odiarla. Le poche volte che sono in casa non la degnano di uno sguardo, come se a vivere con loro ci fosse un fantasma ed il tutto le inizia a pesare dopo 18 lunghi anni.

Ha pochissimi ricordi dei suoi genitori che le dimostrano affetto. Non ricorda nemmeno l’ultima volta in cui le abbiano regalato qualcosa solo per vederla sorride, ma probabilmente non sanno nemmeno che gusti abbia. Ha ricordi della tata che la prepara per andare all’asilo, che la va a prendere, che le prepara da mangiare e che le canta la ninna nanna prima di dormire dopo averle fatto un bagno.

In passato piangeva di notte e soffocava i singhiozzi sul cuscino, via via crescendo nonostante il dolore sia sempre presente ha imparato a gestire le sue emozioni. Ma le domande quelle importanti, profonde, serie, sono rimaste senza risposta.

La sua vita cambia drasticamente una sera quando Clara la invita a cena a casa sua. Lì incontrerà Jonny Cheese, cugino di Clara, ragazzo bello da mozzare il fiato col suo capello biondo e gli occhi verde smeraldo. Molto spavaldo, spiritoso, intrigante e un po’ cafone, tutto il contrario di lei insomma. A cena, c’è anche lui, Jenna lo trova fin troppo arrogante e ammette che quel tipo è bello sì, ma eccessivamente insopportabile all’inizio.

A cena conclusa nel tragitto di ritorno, Jenna si imbatte in un incontro spiacevole. Due ragazzi su uno scooter tentano di violentarla. A salvarla è proprio Jonny, il tipo che lei aveva trovato arrogante e un po’ cafone. Si risveglia in ospedale dolorante e piena di contusioni, a raccontarle tutto l’accaduto è Clara, che al suo risveglio si trova proprio accanto al suo letto…i suoi genitori? Semplice: non si erano presentati se pur avvisati dell’accaduto! A Jenna crolla il mondo addosso, si sente a pezzi non solo fisicamente ma anche nell’anima, il suo cuore si frantuma, come se qualcuno l’avesse afferrato gettato a terra e schiacciato fino a lasciarne solo delle briciole. Decide di parlarne una volta per tutte con i suoi genitori non appena rimessa dall’ospedale.

Rientrata a casa è pronta ad affrontare i suoi genitori col cuore in gola ma non è preparata a ciò che l’aspetta: un litigio furioso con la conclusione di una notizia agghiacciante. Le rivelano che lei non è la loro figlia biologica, è stata adottata. Resta pietrificata eppure lì aveva la risposta a tutte le sue domande, ecco il motivo per la quale sembravano disprezzarla, ecco perché l’avevano sempre trattata come qualcuno che non gli appartenesse, che non facesse parte della loro famiglia. Aveva la risposta a tutte le domande, domande che per 18 lunghi anni l’avevano assillata. Eppure, adesso un’altra domanda la tormentava: perché adottarla per poi trattarla in quel modo? Perché volerla per poi disinteressarsi alla sua vita? Domande su domande e ancora una volta non aveva le risposte. Avrebbe voluto chiedere tantissime cose ma ogni parola gli sorgeva dallo stomaco e le moriva in bocca. Oltre al danno anche la beffa: la cacciano via di casa, perché a detta loro già abbastanza grande per potersela cavare da sola. In un solo attimo le è crollato addosso un’intera vita, una vita fatta solo di bugie, domande e incomprensioni.

Scappa via di casa certa che non ci avrebbe più fatto ritorno. L’aiuta Clara per qualche settimana e in quei giorni si avvicina molto a Jonny anche lui ospite dagli zii, ma niente è come sembra. Decide così dopo un periodo che è giunto il momento di cavarsela da sola e va via di casa di Clara.

Ben presto, sempre grazie all’aiuto di Jonny che continua a starle accanto in qualche modo, trova un motel dove alloggiare ma ciò non basta, deve iniziare a lavorare e guadagnarsi da vivere, così dopo vari tentativi arriva in un pub “Pub and Beer” trova ad accoglierla una ragazza carina e cordiale, per la prima volta si trova a chiacchierare con una perfetta estranea e si trova bene. È lei a dirle che per un colloquio di lavoro deve attendere Cameron Donson, il responsabile.

È in quel momento che Jenna avverte un’emozione nuova, mai provata, che le mette in subbuglio lo stomaco e la vita.

Cameron Donson è un importante avvocato di Santa Monica e responsabile insieme ad Alex del pub. Jenna inizia a lavorare nel pub e con lei cresce il sentimento per Cameron che ben presto le mostra il suo interesse, ma non solo. Lui è la chiave alla soluzione dei suoi problemi.

Si scopre che Cameron è pronto ad offrirle il suo aiuto, a proteggerla e amarla. Grazie a lui scoprirà chi è lo stupratore, la spinge a denunciare l’accaduto per poi fare risalire a galla il passato oscuro di Bill, l’uomo che le ha fatto del male. Colpevole di vari reati non è mai finito dietro alle sbarre per colpa di suo padre, rettore dell’Università più prestigiosa della città.

Cameron ha sempre combattuto contro Bill, ha sempre cercato di portare prove al tribunale per farlo rimanere in cella, eppure non ci è mai riuscito. Stavolta però non c’è solo la voglia di rivalsa contro quel malfattore per fargli pagare gli errori commessi ma qualcosa di più: proteggere a tutti i costi Jenna.  

Cameron è colui che le permetterà di risalire a galla e respirare ancora, l’aiuterà a venire fuori dai suoi problemi, scoprendo stretti legami tra Bill e il padre di Jenna, scoprirà ricatti, intrighi e segreti. Si renderà conto di quanto può essere cattivo il mondo attraverso il mercato nero delle adozioni.

Qualcosa andrà storto e i due innamorati verranno messi l’uno contro l’altro. Jenna non crederà più a Cameron, si sentirà sola, presa in giro e lui dovrà ricorrere ad ogni piano per riacquistare la sua completa fiducia. Jenna si ritroverà a combattere col suo sentimento, con le paure, le bugie e la speranza di farcela prima o poi… perché in fondo lei vuole solo una vita serena e piena di speranza. La speranza, che si sa, è l’ultima a morire.

 

Peso 0.3 kg
Estratto

Mi chiamo Jenna ho diciotto anni e ho finito quest'anno gli studi. Sono riuscita a diplomarmi a pieni voti al liceo della mia città: Los Angeles, precisamente Santa Monica. I miei genitori ci tenevano molto al mio diploma così ho deciso di renderli fieri di me, forse, e diplomarmi, chiudendo questo percorso. Con i miei genitori non ho un buon rapporto. Litighiamo quasi sempre e spesso nei litigi mi rinfacciano di non essere mai stata brava in niente, facendo sì che la mia autostima si sgretoli come sabbia. Da piccola ho sempre ricercato attenzioni, delle attenzioni che per altri bambini poteva essere normale ricevere, ma per me no. Quindi l’unico modo per avere la loro totale attenzione era quella di dimostrarmi poco capace a scuola. È inutile dire che ciò non funzionava a niente, anzi peggioravo la situazione. Mi urlavano che " ero poco capace, che non sarei mai riuscita a compiere nulla di buono nella mia vita" so per certo che determinate parole alcuni genitori non le direbbero, ma i miei sì. Non ho mai capito il perché del loro comportamento quasi di odio nei miei confronti. Spesso assenti, mai una dimostrazione d’affetto, mai una parola dolce o di conforto…nemmeno da bambina. All’età di 12 anni iniziai a capire che non aveva senso continuare su quella strada e che quindi dovevo essere me stessa senza più ricercare un amore che forse o quasi sicuramente non sarebbero mai riusciti a darmi. Iniziai ad impegnarmi, a fare tutto nel migliore dei modi dimenticandomi a volte di avere due “genitori”. Per lavoro stavano a casa poco e niente quindi ben presto mi abituai anche ad arrangiarmi in cucina e nelle varie faccende domestiche. Le poche volte che erano in casa era come se non ci fossi, come se fossi un’fantasma. Quando capitava che avevano delle riunioni o cene di lavoro mi comunicavano di far rientro tardi e di assicurarmi che tutto fosse chiuso bene prima di andare a letto, senza però chiedermi mai se avessi cenato o come fosse andata la mia giornata scolastica. Non si sono mai preoccupati di me. Col passare degli anni i loro modi di fare mi creavano sempre più dolore, un dolore che tenevo nascosto che non mostravo a nessuno… portandomi a chiudermi in me stessa. Più crescevo e più il capire tante cose mi spingevano verso la sofferenza, verso un baratro buio da cui ogni giorno sembrava più difficile venirne fuori. Mio padre è un imprenditore agricolo mentre mia madre fa la maestra d'asilo, e se da prima mi illudevo che la loro freddezza dipendesse dal troppo lavoro e dalla vita impegnata che avevano, anni dopo smisi del tutto di pensarlo. La verità? In qualsiasi tipo di rapporto e con chiunque sia la persona, se vuole dimostrarti che ci tiene, lo fa; senza scuse. Avevano dei lavori impegnativi ma ciò non giustifica il loro comportamento. A scuola ho sofferto di bullismo, è inutile dire che i miei non sono mai stati a conoscenza di nulla. Dirlo non avrebbe cambiato le cose, quindi l’ho sempre tenuto per me. La scuola, il liceo, è stato un totale inferno. Alexa Berry è stato il mio peggior incubo. Sono sempre stata una ragazza timida, introversa che preferiva starsene per i fatti suoi e ciò agli occhi di Alexa mi facevano apparire come la preda giusta da tormentare. Quando rientravo da scuola spesso non mangiavo, mi chiudevo in camera a fissare il soffitto per ore interminabili. Ho speso giorni, minuti ed ore a chiedermi il perché di quei comportamenti da parte di tutti ma non ho mai trovato risposta. Studiavo, ascoltavo musica e leggevo libri. Ho sempre amato la letteratura. I romanzi sono sempre stati i miei unici e fedeli amici. Fino a quando a scuola non arrivò una ragazza nuova dai folti ricci scuri e gli occhi grandi color nocciola, Clara. La ragione che mi ha spinto a smettere di vivere rintanata nel mio guscio sempre da sola e in disparte. La ragione per cui lentamente ho iniziato a vivere cercando di assimilare il dolore, fregandomene di ciò che si diceva di me in giro. Lei non si è fermata davanti a nulla, è venuta dritta da me perché aveva voglia di scoprire chi fosse la ragazza dalla pelle bianca come il latte e gli occhi blu cobalto. Ecco, il motivo per il quale Alexa mi aveva presa di mira: il mio aspetto fisico oltre al mio modo di fare. Mi aveva soprannominata “pelle acida”. Pensate ad una ragazza dove in casa ha dei genitori che la reputano inesistente, mentre a scuola ha dei compagni che la insultano sul suo lato estetico: non era il massimo la mia vita, no? Questo mi ha segnata parecchio e anche se nell’ultimo anno tutto ciò si era affievolito, il carattere poco estroverso l'ho sempre portato con me, mi è stato cucito addosso. Credo però, che in certi casi della vita Dio ci mandi le soluzioni giuste ai nostri problemi ma sta a noi capirlo, aprire gli occhi e fare attenzione ai messaggi. Dio con me l’ha fatto, Clara è stata il regalo che Dio ha voluto farmi perché sapeva di cosa avessi bisogno in quel determinato periodo della vita, infatti dopo di lei, c’è solo il “dopo” e non più il “prima”. A volte l’amicizia salva, a me è successo

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