Estratto |
Berlino, 1 settembre 2016
… tra cinquanta metri, alla vostra destra, sarete giunti a destinazione.
«Finalmente!», esclamai alzando gli occhi al cielo, quando sentii la voce robotica del navigatore, che intrufolandosi vaga tra i miei pensieri torbiti, mi fece tornare sulla terra.
Era l’inizio serata di un estate settembrina ancora calda e appiccicosa. In auto, stavo percorrendo il sentiero dissestato della campagna che circondava la foresta di Grunewald, nella zona occidentale di Berlino. Il sole rosso di un vivido aranciato, era avvolto nell’incanto di un crepuscolo striato di un cielo azzurrino dalle sfumature rosa violacee, e lentamente, stava scomparendo dietro una collina verde ai confini della folta vegetazione, per dare spazio, ad una notte limpida e stellata. Avevo davanti agli occhi una vista mozza fiato, ma stavo guidando da oltre mezz’ora e mi ero stancata. Dovevo recarmi ad una villa sperduta tra quegli ettari infiniti di un manto verde e alberi secolari, per andare alla festa di compleanno di Mike, il batterista della famosa rock band di tutta Berlino: i Black Diamonds. Tuttavia, ero fortemente in ritardo e non mi interessava, anzi, mi stavo ancora chiedendo come avessi fatto a farmi convincere così facilmente da Finn Weber, il mio capo, nonché il loro manager, che ci sarei andata.
«Alex, vorrei che sabato partecipassi anche tu alla festa di Mike! Ora che fai parte del nostro staff, vorrei cogliere questa occasione per presentarti ai ragazzi», mi disse giovedì con estrema gentilezza. Per questo non ero stata capace di dirgli di no o meglio, non potevo dirgli di no bensì, non capivo che fretta c’era di presentarmi visto che ero la sua segretaria da solo una settimana. In fondo, stavo bene a casa rinchiusa nella zona confort della mia cameretta, a farmi rinfrescare dall’aria condizionata in compagnia di mia zia, un buon libro e dalle mie insicurezze. Non né avevo alcuna voglia di andarci e nonostante tutto, ero comunque curiosa di vedere se dal vivo i ragazzi fossero affascinanti come si presentavano nelle foto. Specialmente Noah Cosby, il loro cantante tenebroso. I Black Diamonds, suonavano della musica rock nei locali notturni di tutta la città ed erano diventati talmente famosi e conosciuti, che stavano spopolando anche in tante altre località della Germania. Ogni tanto, quando mi sentivo nervosa, mi piaceva ascoltare quel loro forte ritmo assordante che avevano di suonare. Sembrava mi aiutasse a scaricare lo stress della giornata.
Ad ogni modo, il tramonto incantato era svanito nel buio della sera, che schiacciando con fierezza il verde della campagna, evidenziava nell’oscurità la grande villa bianca illuminata dalle luci della ribalta, e circondata per tutto il perimetro delle mura di cinta, da piccole lanterne al neon. Come fosse un miraggio nel deserto, mi brillarono gli occhi quando la vidi spuntare dritta dinanzi a me.
I posti auto erano tutti occupati, e fui costretta a parcheggiare la mia vecchia “POLO” bianca un po’ distante dall’entrata. Avevo girato più volte per trovarne uno, ma il rumore cigolante della carrozzeria, stava disturbando gli invitati che stavano entrando, costringendomi così, a fermarmi al primo che avevo trovato. Almeno, pensai, avrei evitato di farle fare una brutta figura stando lontana da tante vetture lussuose e brillanti anche se, dal colore sarebbe stato impossibile non notarla dato che spiccava tra due “BMW” nere e delucidate a dovere. «Fa niente!» farfugliai fra me e facendo spallucce per quella frivolezza scendendo dal mio prezioso gioiello. Mi feci un bel pezzo di strada a piedi e per fortuna, avevo deciso di mettermi sotto la gonna di un morbido jeans ed una canotta celeste, delle scarpe da ginnastica. Sapevo che non erano delle calzature idonee da indossare per partecipare ad una prestigiosa festa, ma sicuramente mi sarei evitata di avere un gran mal di piedi a fine serata.
Arrivata all’ingresso stavo per entrare e di colpo, a sbarrarmi la strada, si presentò un uomo alto in giacca e cravatta e con la testa calva, che tenendosi stretta una lista in mano mi disse:
«Signorina, prima di entrare deve dirmi il suo nome e cognome!».
«Il mio “nome e cognome” e perchè?» domandai ingenua.
«Perchè questa è una festa privata, e devo sapere se è presente nella lista degli invitati» mi rispose a tono freddo.
«Ah! Le chiedo scusa, non lo sapevo! Il mio nome è Alex Meyer», dissi sorpresa e quell’uomo, si mise alla ricerca del mio nominativo.
«Alex Meyer, Alex Meyer…», ripeteva guardando e girando quella quantità esosa di fogli, mentre io ansiosa, aspettavo che fossi spuntata scritta da qualche parte. Era la prima volta che andavo ad una festa privata, e non sapevo che ci fossero delle regole così rigidi e fiscali da rispettare. Erano anni che non ci andavo e ignoravo che le cose fossero cambiate. In realtà, era da tanto tempo che qualcuno mi invitasse ad una festa. Con ciò, armata di santa pazienza, aspettai che quell’uomo mi avrebbe trovata per poter entrare ma d’improvviso, scosse la testa dicendomi ad alta voce:
«No! Non c’è nessuna Alex Meyer. Mi dispiace signorina ma lei non può entrare», e prendendomi in contro piede cominciai a sudare. “Possibile che non sono presente nella lista?”, mi domandai dubbiosa.
«Ah! Caspita! Questa non ci voleva!», esclamai sorpresa e a quel punto, cercai di convincerlo spiegandogli chi fossi.
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