Abbestia – Alessandro Maria Rovesti

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Estratto

Le gocce della pioggia cadendo producevano un suono intermittente che scandiva il tempo.
L’aria densa produceva delle nubi che uscivano dalle bocche dei pochi ragazzi ancora presenti alla Festa che era finita da poco. Il suono rimbombante del Sound echeggiava nella vecchia fabbrica dismessa, piena di graffiti e tag che tappezzavano quasi tutti i muri fatiscenti dell’edificio. Quello che un tempo era stato un luogo di lavoro e di fatica ora era diventato un luogo dove i ragazzi organizzavano i Rave: era diventata una TAZ!!! (dall'inglese Temporary Autonomous Zone nda).
Manuel stava in giro a cercare la sua ragazza che non vedeva ormai dalla sera prima quando insieme avevano comperato delle paste e dello speed. Poi si erano persi di vista. Ogni volta che vedeva una con i capelli a caschetto neri e piccolina, pensava di averla ritrovata ma avvicinatosi si rendeva conto che non era lei; cominciava a spazientirsi e un vago senso di tristezza invadeva il suo animo. Ad un certo punto si imbatté in Ciccio un ragazzo che un tempo era stato grasso e perciò gli era rimasto addosso questo soprannome, datogli dagli amici al campetto di calcio della parrocchia quando da bambino, ci giocava.
– Bella Ci che dici? – Niente tutto apposto – gli rispose Ciccio strofinandosi gli occhi pieni di polvere.
– Ha spaccato sta festa? Quante te ne sei prese? – Tante non ricordo – gli rispose Manuel distratto da una ragazza che passava facendogli la linguaccia, – Ma per caso non è che hai visto la mia pischella che non riesco a trovarla? – – starà in qualche furgone a fare qualche pompa – gli rispose Ciccio con un ghigno, poi continuò – forse l’ho vista ieri sera, sotto cassa, che ballava come una matta stava con Marta ed altre sue amiche – Manuel sorrise e tirò fuori dalla tasca un pezzetto di fumo che non si ricordava più di avere, poi rivolgendosi a Ciccio – ti va se ce ne famo una?
Poi dopo essersi frugato nelle tasche del Nord Face disse – Mi sa che non ho le cartine! Tu ce le hai? Ciccio dopo essersi perquisito le tasche tirò fuori un pacchetto di smoking corte che usava per fumare il tabacco – solo corte, se vuoi te ne incollo due? Manuel annuì con un cenno del capo. Poi Ciccio gli chiese – come la giri a bandiera? – – Ovvio – rispose Manuel, facendo l’occhietto all’amico. Ciccio incollò le due cartine e poi mise la cartina sulla coscia, facendo pressione con la mano per farle asciugare. Dopo aver leccato il lato della colla e strappata la cartina che avanzava la porse al suo amico, Manuel la girò e mentre la leccava per farla aderire, fece un sorriso al suo compare poi l’accese, facendo un grosso tiro e buttando fuori il fumo facendo due grossi cerchi concentrici, che poi ringoiò, sbuffando nuovamente il fumo fuori dalla bocca.
Ad un certo punto mentre stavano fumando Manuel, vide passare Marta e con un fischio richiamò la sua attenzione, gli urlò – bella sorè – Marta era una ragazzina piuttosto timida con i capelli rossi corti rasati ai lati e con un enorme septum (piercing al setto nasale nda) che le sporgeva dal naso, aveva dei pantacollan neri, dei grossi anfibi e un bomberino verde. Marta riconoscendo Manuel, lo salutò con un cenno del mento e lui le fece un gesto con la mano, per farla venire a fumare con loro. Marta dapprima titubante annuì e si avvicinò con passo lento verso i due ragazzi. Ciccio le passò la canna, dopo aver fatto un enorme tiro e con ironia le disse – non te la stuccare però – Marta un po’ impacciata afferrò la canna e quasi svogliatamente cominciò a fumare.
– Allora che dici – disse Manuel rivolgendosi alla nuova arrivata. -Tutt’apposto e voi vi siete divertiti? – molto – rispose Marta passandogli la canna che quasi non aveva fumato – ma di quella matta della mia donna hai notizie? le chiese Manuel con aria interrogativa, – avevo sentito che stava andando a Villa con dei suoi amici che non avevo mai visto – gli rispose Marta distratta da un cane che gli si era avvicinato per avere due coccole. – A Villa – incalzò Manuel alquanto sorpreso e arrabbiato dalla notizia. Poi rivolgendosi a Ciccio gli chiese con fare incalzante: – ma tu sei appiedato o hai un mezzo? – Ho il motorino ma senza benza e poi ho solo un casco – – per la benza no Problem te la metto io per il casco lo scrocchiamo nun te preoccupa fidate, dai vieni con me che andiamo a Villa a farci du micce!!!
Ciccio dapprima sbuffò ma poi riflettendoci meglio su decise di accompagnare il suo amico. In quel preciso momento ripassò la ragazza di prima che aveva fatto la linguaccia a Manuel. Lei si chiamava Sandra, ma gli amici la chiamavano Sandraccia, forse per il suo comportamento un po’ libertino ma anche per il suo vizio di rubare il portafogli ai ragazzi che stavano con lei, era di Fidene aveva le Buffalo, un toppino strettissimo dal quale si poteva vedere benissimo la forma del capezzolo, un bomberino stretto nero.
Alessandra era nata e cresciuta a Fidene con il padre Nando un ex galeotto alcolizzato e tossicomane tifoso sfegatato della Roma. La madre Gioia era andata via quando Alessandra era molto piccola, stanca di subire pestaggi ed insulti da parte del padre quando, tornava ubriaco a casa e se la prendeva con lei. Alessandra era dovuta crescere in fretta tra le botte del padre e i palpeggiamenti dei ragazzi, attratti dalla sua bellezza. Da quanto aveva scoperto dal padre: la madre doveva essere marocchina, tanto è vero, che la bambina era scura di carnagione, motivo per cui era sempre presa in giro dai suoi compagni di scuola che l’avevano soprannominata: la negra. Alessandra aveva lasciato la scuola quando era poco più che una bambina attratta dai guadagni semplice e veloci del furto. Poco più che quattordicenne, aveva messo su una piccola banda, con il suo ragazzo di allora: Mirko, detto “er cobra” per via della sua natura viscida ed inaffidabile. Il piano era questo Alessandra adescava qualcuno sulla Salaria e lo portava in uno spiazzo in mezzo alla campagna e poi intervenivano i suoi amici, a derubare il mal capitato che, con la paura di essere denunciato perché si era appartato con una minorenne, non andava dalle guardie. Questo gioco fruttava bene ai ragazzi fino al giorno che incontrarono Alessio, un poliziotto in borghese che durante l’alterco che c’era stato sparò a Mirko. Uccidendolo. Alessandra da allora aveva cominciato ad intensificare l’uso di droghe fino a quando un giorno, un amico del padre, gli aveva fatto scoprire l’estasi di fumare la cocaina con la bottiglia. Da allora la ragazza ne era divenuta schiava ed era diventata per tutti Sandraccia. Conosciuta e temuta da tutti per la sua indole aggressiva e spregiudicata.

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